Così, all’ombra della Cupola del Brunelleschi, che da quella posizione privilegiata si può quasi toccare, Olga mi ha parlato con entusiasmo del contenuto della sua tesi discussa con lode all’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
Eleonora d'Aquino
Olga De Matteis è una giovane e brillante artista di origine russa, l’ho conosciuto nella terrazza delle Oblate, un tempo stenditoio per le suore
laiche di Santa Maria Nuova ed oggi luogo d’incontro per i numerosi studenti che frequentano la Biblioteca. Così, all’ombra della Cupola del
Brunelleschi, che da quella posizione privilegiata si può quasi toccare, Olga mi ha parlato con entusiasmo del contenuto della sua tesi discussa
con lode all’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
La tesi si concentra su un dipinto,
Prima della realizzazione del dipinto, è stato eseguito uno studio su cartone, un disegno
monocromatico a carboncino delle stesse dimensioni del dipinto, in pratica il cosiddetto “cartone preparatorio” usato a partire dal Rinascimento
per determinare ed elaborare le dimensioni, la relazione tra le forme e le tonalità. L’argomento provocatorio e di grande attualità,
suscita riflessioni, confronti e tante possibili interpretazioni, compiendo quello che nella convinzione di Olga De Matteis è il grande obiettivo
dell’arte:
migliorare la conoscenza e la crescita dell’individuo. Il corpo della madre ermafrodita è nudo, la bellezza estetica della raffinata
esecuzione delle forme esprime sensualità e grazia, al contempo la posa rivela esplicitamente la dualità dei sessi fusi in un unico corpo e si offre
senza alcun tipo di pudore alla luce. L’atteggiamento della persona comunica una femminilità realizzata.
La mamma-ermafrodita è seduta sul pavimento
con le gambe divaricate, la testa leggermente piegata all’indietro, il braccio destro teso come a voler toccare con la mano i capelli; lo sguardo orientato
verso l’alto pare specchiarsi e cercare conferma della propria bellezza.
Dai tratti delicati del volto traspare una sensazione di fragilità.
Il pensiero è lontano, l’attenzione rivolta altrove, la madre sembra non preoccuparsi del pianto del bambino stretto a sé. La figura è inserita in
una stanza anonima le cui pareti spiccano per la cromia accesa e luminosa, la luce irradia la scena e contribuisce a dare risalto ai colori:
prevale il rosa, non mancano colori freddi come il giallo limone, il blu oltremare, il viola, il cobalto turchese e colori caldi come il giallo indiano,
le tinte carne e l’oro rinascimentale.
Tutta la composizione è “aperta”, la nudità viene esibita con molta naturalezza, solo il pianto del bambino
crea una tensione emotiva che incrina l’ostentata armonia dell’insieme. Nella sua tesi Olga De Matteis approfondisce gli importanti temi della maternità
e dell’ermafroditismo, ricerca nella Storia dell’Arte e si rapporta con altri autori di opere antiche e contemporanee che si sono cimentati su questo argomento,
è il caso del
L’artista chiama altri autori a sostenere la sua tesi, è il caso di Massimo Recalcati che nel suo libro
Attraversando tutte le epoche storiche, il mito è stato esaltato come
oggetto di culto, altre volte schernito, censurato o rimosso.
Si tratta di un simbolo straordinariamente prolifico per la sua attitudine a rappresentare ogni sorta di
dualità essenziale e al di là della semplice polarità sessuale, si erge come figura di un senso inesauribile, non fornisce risposte sull’uomo, ma genera continui
interrogativi.